Introduzione
Sulla didattica come trasmissione del sapere
È tipico dell’insaziabilità, ma anche della veemenza degli anni giovanili, che un fenomeno, un’esperienza, un modello scacci da solo tutti gli altri. Siamo allora ardenti e pronti ad espanderci, afferriamo questo e quello, lo rendiamo il nostro idolo, ci assoggettiamo a esso, aderendovi con una passione che esclude tutti gli altri. [1]
La Scuola di Architettura come oggetto di una ricerca di dottorato, pur nella sua parzialità temporale e spaziale, si offre come nodo di interesse nel tentativo di illuminare uno dei molteplici aspetti che caratterizzano l’ambito più generale dell’architettura in Italia oggi. Porre sotto i riflettori l’insegnamento come tema cardine per la formazione di generazioni di professionisti, ma anche per il destino della ricerca in architettura, è utile alla ricomposizione degli strumenti formativi, al loro corretto utilizzo, conservando ciò che la storia ha lasciato nei suoi risultati positivi, aggiornando ciò che oggi non si confà più alla condizione socio-culturale e alle nuove dinamiche produttive, avendo infine il coraggio di liberarsi di ciò che non ha portato buoni frutti.
Aldo Rossi e Giorgio Grassi diventano in questo senso protagonisti di una ricerca che si concentra sul loro specifico ruolo di docenti universitari, di maestri, di portatori di una teoria, forse tra gli ultimi nella storia dell’architettura italiana. Due protagonisti che hanno saputo sistematizzare un messaggio didattico, una teoria, e hanno potuto/voluto/saputo/provato a trasmetterlo a più generazioni attraverso – anche – l’insegnamento accademico.
In particolare la ricerca approfondisce il periodo iniziale delle carriere accademiche dei due protagonisti trattati, cercando di comprendere anzitutto il clima culturale di appartenenza, le esperienze di formazione e la condizione che li ha portati a impostare l’insegnamento in un determinato modo, per poi soffermarsi sulle esperienze di didattica vera e propria dal 1965 alla fine degli anni Settanta. La scelta temporale si giustifica per il minore interesse che riscuote l’insegnamento praticato a partire dagli anni Ottanta, ripetitivo rispetto all’impostazione originaria e meno legato alle istanze politiche che lo avevano sostanziato nella fase iniziale. A tutti gli effetti, proprio la prima fase, più giovanile e conseguentemente più energica, è il periodo di maggiore interesse ed è anche quello in cui si costituiscono i nuclei di aderenza e di fedeltà alla linea di pensiero. È in questa prima fase che sia Rossi sia Grassi mettono a punto il loro pensiero a cui aderiranno con grande entusiasmo e serietà, con disciplina e fiducia. È in questa prima fase inoltre che vengono prodotti i materiali più significativi – i rilievi delle città, i progetti accademici più militanti, gli elaborati analitici più sostanziosi. Ed è infine in questa prima fase – quando ancora le cose non sono sedimentate, quando ancora i pensieri non sono consolidati, quando ancora le teorie sono appunto teoriche – che gli studenti vi aderiscono di propria spontanea volontà e non per quello che poi è spesso diventato un semplice conformismo o, peggio ancora, un bieco opportunismo dentro alle oscure maglie delle logiche accademiche.
La ricerca ha l’obiettivo di sciogliere un nodo storico che ha determinato il destino di un seppur parziale ambito accademico per i successivi decenni, fino a pochi anni fa. Si tratta del nodo relativo al fascino che Aldo Rossi e Giorgio Grassi hanno suscitato in alcuni allievi, tale da averli resi capostipiti di due linee di pensiero piuttosto potenti a livello accademico. Come si spiega questa riuscita? Come facevano Rossi e Grassi a intercettare un interesse reale negli studenti e qual era il contenuto del loro messaggio? E come mai la maggior parte degli allievi non ha mai davvero tentato di ridiscutere le tesi dei maestri? Perché oggi non esistono (o meglio, come mai sono un numero così ridotto) professionisti o accademici che si dichiarano loro allievi e che tuttavia si sono rese autonome nel pensiero architettonico? A livello generazionale che cosa ha comportato questa dinamica? Come mai dopo la generazione di Rossi e Grassi non ci sono più state linee di pensiero così definite e di questa entità?
Queste le domande che hanno mosso l’interesse verso questa ricerca e a cui la tesi prova a dare risposta, consultando e analizzando i materiali didattici prodotti, tra lezioni, appunti, progetti degli studenti, dispense, ecc.; ma anche rileggendo le teorie dei due protagonisti nei loro primi scritti, cercando di comprenderne le origini e le ragioni, le alleanze di pensiero, i riferimenti culturali, i nemici da combattere. E inoltre ascoltando le testimonianze di coloro che hanno partecipato a tale periodo, che hanno vissuto in prima persona l’esperienza di allievi di Rossi o di Grassi, o chi addirittura di entrambi, nonché, nella misura del possibile, i protagonisti della ricerca stessa.
La tesi propone un inquadramento iniziale che contestualizza il periodo storico e l’ambiente accademico in Italia e in particolare al Politecnico di Milano, attraverso una ricostruzione del quadro didattico dal secondo dopoguerra fino alla metà degli anni Settanta. La ricerca ripercorre la trasformazione della didattica a partire dalla condizione ancora prebellica dell’università, passando per la fase dei primi dibattiti e convegni studenteschi sull’argomento, che sfociano poi nelle occupazioni (dove la Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano in effetti si distingue per essere stata la prima sede di occupazioni studentesche nei primi mesi del 1963) e nell’iperpoliticizzazione delle posizioni, nella successiva apertura del numero di studenti, per giungere a tentativi di sperimentazione all’interno dell’insegnamento, e arrivare infine a una ricostituzione della condizione accademica sostanzialmente stabile, con un’unica vera differenza dalla sua versione precedente: la sua nuova condizione di università di massa; condizione che tuttora viene discussa spesso aspramente, perché naturalmente porta con sé un abbassamento del rendimento e soprattutto della qualità dell’insegnamento.
La ricerca entra poi nel merito dei protagonisti della tesi e si concentra sul periodo relativo agli anni della loro formazione: vengono in questo senso analizzati in maniera accurata i loro primi scritti e ricostruita la loro esperienza di studenti e poi assistenti universitari. In questo quadro una figura di particolare importanza è rivestita da Ernesto Nathan Rogers, loro maestro e tramite verso l’insegnamento, ma soprattutto fautore della nuova idea di architetto-intellettuale, che lui per primo mette in pratica e che trasmette con grande convinzione ai suoi allievi. Con Rogers si costituirà la fondamentale esperienza in «Casabella-Continuità», dove prima Rossi e poi Grassi troveranno modo e spazio per consolidare un loro pensiero sull’architettura. Infine vi è tutto il coté politico, di notevole rilievo soprattutto nel caso di Rossi, e dunque l’influenza che questo esercita all’interno delle loro teorie sulla città e sull’architettura.
Il cuore della tesi è naturalmente incentrato sull’insegnamento di Aldo Rossi e di Giorgio Grassi e affronta tale questione da diversi punti di vista. I due protagonisti vengono da qui in poi affrontati separatamente, per quanto in una prima fase condividano una serie di esperienze sia all’interno dell’università sia nell’ambito professionale. Alcuni argomenti sono infatti affrontati in entrambi i casi, variandone i contenuti in base alle specifiche esperienze.
In primo luogo viene riportato il pensiero di entrambi sull’insegnamento, dichiarato in alcuni scritti e in diverse occasioni, dove emergono opinioni e intenti che trovano realizzazione nella pratica della didattica e da cui se ne evince soprattutto la volontà da parte di entrambi di costituire effettivamente una scuola di architettura. A ciò segue un glossario utile a inquadrare alcune parole che in quegli anni assumono un significato molto preciso e che connotano le loro teorie. A volte queste parole sono le stesse per entrambi i protagonisti, ma il modo di interpretarle si differenzia, forzando chi maggiormente un aspetto e chi un altro. Il glossario in questo senso ricostruisce, seppur limitatamente, le teorie dei due architetti, con una logica che considera l’abbondanza di scritti già esistente sull’argomento e che appunto per questo cerca un modo diverso e forse maggiormente “didattico” per ragionare su un tema noto.
Infine le esperienze didattiche nello specifico vengono approfondite a partire dai contributi prodotti da Rossi e da Grassi proprio per assolvere al loro ruolo di docenti ed è interessante notare come proprio questi contenuti convergano poi, in entrambi i casi, nelle loro più importanti pubblicazioni: L’architettura della città e La costruzione logica dell’architettura. I materiali utili a ricostruire le varie esperienze didattiche sono poi riferiti a ciò che gli studenti hanno prodotto in queste occasioni, alle pubblicazioni dedicate al tema, ma anche appunto alle testimonianze di coloro che hanno vissuto questo periodo. Gli archivi, non sempre utili o esistenti, hanno solo parzialmente facilitato tale operazione; più utili i materiali recuperati da ex-studenti o da pubblicazioni puntuali dell’epoca.
Le esperienze didattiche analizzate non si limitano tuttavia ai corsi universitari a cui hanno fatto capo i due architetti, bensì constano anche di alcune esperienze molto limitate nel tempo e tuttavia estremamente significative: il Seminario di Urbino, o quello di Santiago de Compostela, per citarne solo alcuni.
Ciò che interessa in questo senso non è tanto – o non solo – il ruolo accademico strutturato che Aldo Rossi e Giorgio Grassi hanno rivestito all’interno delle aule universitarie, bensì il più ampio tema della trasmissione del sapere; il rapporto tra il maestro e gli allievi; tra il maestro e i suoi assistenti; tra il maestro, la sua teoria e il pensiero dei giovani studenti. Impresa non semplice ma di fondamentale importanza, a mio avviso, per comprendere come si sia costituita questa forte difficoltà nelle generazioni successive ad andare oltre, a imporre un nuovo pensiero, a leggere e interpretare la realtà contemporanea con strumenti nuovi e adeguati.
[1] Elias Canetti, Karl Kraus, scuola di resistenza, in Id., Potere e sopravvivenza. Saggi, Adelphi, Milano 1974, p.39
Tesi di Dottorato in Storia dell’Architettura
Architettura insegnata. Aldo Rossi, Giorgio Grassi e l’insegnamento della progettazione architettonica (1949-1979)
Discussa il 1 giugno 2016
Relatori: prof. Marco Biraghi; prof. Giovanni Leoni
Scuola di Dottorato in Architettura
Università di Bologna
Disponibile alla consultazione a questo link.