di Florencia Andreola
Pubblicato su DiTe, Aisre, il 19 aprile 2022
L’urbanistica di genere è una disciplina che, per quanto sostanzialmente assente nel territorio italiano, da circa trent’anni si propone – in alcune località europee – di pianificare le città a partire da un punto di vista più ampio di quello tradizionale, capace di includere le differenze di bisogni e necessità tra i generi, contribuendo a migliorare la vita quotidiana di quei soggetti che la pianificazione urbana ha storicamente omesso. È una pratica basata sull’ascolto e la comprensione, sull’analisi attenta dei flussi e delle richieste implicite dei luoghi, che permette di riscontrare come le città – più o meno consapevolmente – siano la rappresentazione in vetro e cemento delle disparità tra i generi che caratterizzano la nostra società.
Se, infatti, risulta non immediato scorgere uno sbilanciamento di genere anche nell’organizzazione urbana delle nostre città, è solo indossando delle lenti di osservazioni nuove che si disvela quanto e come la vita quotidiana di donne e minoranze di genere sia più complessa e faticosa di quella che mediamente conducono gli uomini.
Indagare questi aspetti significa entrare nel vivo dello svolgersi di queste vite, per scoprire che – a causa dei ruoli precostituiti che la nostra società impone ai generi – le donne sono ancora oggi investite di mansioni e responsabilità tipiche dello stereotipo femminile di cui ancora non ci siamo liberati: il lavoro di cura, che include l’assistenza degli anziani, dei disabili, l’allevamento dei figli, la cura della casa e le mansioni domestiche in generale, sono solo alcuni dei “compiti” che si dà per scontato vengano svolti dalle donne, e che implicano un uso della città peculiare e, per lo più, non previsto dalla pianificazione.